Beta per Lancia significa moltissimo: è un modello che si declina in versione “normale”, 3 volumi Trevi, coupé, HPE, Spider e Montecarlo. Soprattutto, Beta rappresenta l’entrata nel mondo Fiat, perché il debutto di questa macchina è di poco successivo al passaggio del marchio nelle mani del Lingotto, del 1969. La prima Beta, la berlina, nasce nel 1972. L’anno dopo arriva la coupé e, nel 1974, la Shooting Brake HPE e la Spider. Nel 1975 è invece il turno della protagonista di questa retrospettiva, nonché la più amata dagli appassionati, la Montecarlo a motore posteriore centrale, un “assist” imperdibile per chiunque la voglia utilizzare in ambito agonistico. Il progetto è frutto della collaborazione con Pininfarina, che viene incaricata di disegnare una carrozzeria (e poi di assemblare l’auto) attorno a una meccanica dalla configurazione molto sportiva, ma che utilizza componenti ampiamente condivise al fine di contenere i costi. L’obiettivo è quello di affiancare, all’interno della gamma Fiat, la X1/9 di Bertone, ma quando i lavori sono praticamente terminati, ecco i colpo di scena.


Da Fiat a Lancia, da X1/20 a Beta Montecarlo


La leggenda (e forse le cose sono andate davvero così, non lo sapremo mai) è questa: un sabato sera di febbraio del 1975 Gianni Agnelli, Sergio Pininfarina e il direttore del centro stile della Pininfarina, Renzo Carli, sono di fronte al prototipo Fiat X1/20 negli stabilimenti (chiusi, in quel momento) della Fiat per l’approvazione finale. Non c’è invece Paolo Martin, cioè colui che ha materialmente tracciato le linee del prototipo, ma quello che sta per succedere probabilmente non gli dispiacerà. L’Avvocato va nel magazzino, prende una calandra Lancia e la modella a mano, insieme a Pininfarina e a Carli. Sì, le linee disegnate da Martin si possono adattare anche al marchio Lancia, che peraltro è scoperto sul fronte delle sportive, fatta eccezione per la Beta Coupé, che però è decisamente meno estrema. Fiat invece ha già la X1/9. E’ questione di minuti: la Fiat X1/20 diventa Lancia Beta Montecarlo e già il lunedì successivo la cosa è ufficiale anche per tutto il resto del team.


Montecarlo, in omaggio al rally


La tradizione vincente di Lancia nei rally si è purtroppo conclusa con la Delta nei primi anni Novanta, ma inizia ben prima della Delta stessa: tra le altre, la Stratos ha scritto pagine leggendarie di motorsport, alcune delle più belle proprio sulle strade del Principato, a cui la coupé italiana rende omaggio. Un omaggio come si deve, come conferma lo “Style Award” conferitole nel 1976 per l’auto più bella in commercio. Un anno prima, a marzo del 1975, la Beta Montecarlo debutta al Salone di Ginevra. I numeri della scheda tecnica non fanno gridare al miracolo, e questo fa parte dei piani, ma non sono nemmeno deludenti, anzi: il motore è un 2 litri 4 cilindri aspirato da 119 CV. Quanto basta - e avanza - per regalare molte soddisfazioni, grazie al peso contenuto della macchina: in base alle versioni si va da 970 a 1.040 kg. Molto contenute anche le dimensioni: 3,8 metri di lunghezza, 1,19 di altezza. La trazione è ovviamente posteriore, mentre il cambio è manuale a 5 marce. I freni? 4 dischi.


“Nave scuola” per i piloti italiani (e non solo) e base per la 037


Gli appassionati di corse, la Beta Montecarlo la ricordano per un altro motivo, anzi più di uno: i due Campionati Internazionali Marche vinti nel 1980 nel Campionato del Mondo Sport Prototipi (Gruppo 5), la capacità di mettersi dietro Porsche 935 e Ford Capri Zakspeed e per aver fatto da palestra a piloti come Michele Alboreto, Riccardo Patrese ed Eddie Cheever, ma anche a un rallista leggendario come Walter Rohrl. Detto questo, la Beta Montecarlo Turbo da corsa aveva poco o nulla di quella di serie, a partire dal peso, ridotto di circa 200 kg, per arrivare all’esasperazione dell’aerodinamica e del motore, sovralimentato, da 370 CV. La Beta Montecarlo ha anche un altro grandissimo merito: dalla sua base viene sviluppata la mitica Lancia 037 da rally.


Sportiva sì, scomoda no


Abitacolo largo, tanti cm in lunghezza, 300 litri di bagagliaio e assetto non troppo rigido: la Beta Montecarlo non si dimentica di essere una Lancia e sa essere confortevole nell’uso di ogni giorno. Il merito è anche del condizionatore (optional), che mitiga l’effetto collaterale del motore posteriore: il riscaldamento eccessivo, in estate, dell’abitacolo.


Il restyling nel 1979


A 4 anni dal lancio, la Beta Montecarlo viene aggiornata e diventa, semplicemente, Montecarlo. Cambiano i cerchi, più grandi, per ospitare i dischi freno di maggiori dimensioni, aumenta la coppia, mentre la potenza aumenta, in modo più che altro simbolico, di 1 CV. Le altre sono modifiche più di dettaglio: gli indicatori di direzione diventano arancioni (come imposto dal Codice della Strada), alcune griglie di ventilazione sul cofano motore vengono chiuse per evitare indesiderate infiltrazioni d’acqua, cambia la grafica della strumentazione, ecc..

Fotogallery: Lancia Beta Montecarlo, sportiva popolare