Cinquant’anni fa l’Alfa Romeo era protagonista assoluta assoluta nel Campionato del Mondo Sport Prototipi, quello che oggi si chiama World Endurance Championship. A rappresentarla, la mitica Tipo 33, in pista dal 1967 al 1977 e vincitrice del titolo nel 1975 e nell’ultimo anno di corse. Fin dal 1967, della 33 viene prodotta una piccola, piccolissima serie omologata per l’uso su strada: la Stradale appunto. Con l’aerodinamica che già aveva un suo peso ma non dettava la linea ai designer, la matita di Franco Scaglione dà vita a una carrozzeria che è pura poesia. Niente alettoni come siamo abituati a vedere sulle auto di oggi, ma tante curve raccordate con morbidezza e gusto. Assemblata dalla Carrozzeria Marazzi, viene presentata ufficialmente al Salone di Torino del 1967, ma è qualche settimana prima, in occasione del weekend del Gran Premio di Monza, che la 33 Stradale si svela davanti a un pubblico competente e appassionato.

Musa ispiratrice della 8C Competizione

Ma torniamo un attimo al design, perché se è vero che i due titoli mondiali sono la sostanza della 33 Sport Prototipi e rimarranno per sempre nell’albo d’oro, è vero anche che si tratta di materia da appassionati. Non c’è invece bisogno di essere dei “malati” di automobili per apprezzare la bellezza delle linee, che non a caso è stata ripresa per realizzare un altro capolavoro di design (ok, scusate l’entusiasmo dei toni, ma quando ci vuole ci vuole) come la 8C Competizione.

Motore V8 “superquadro” by Giuseppe Busso

Oltre al design, di un’Alfa Romeo emoziona - o almeno così dovrebbe essere - il motore. Quello della 33 Stradale fa in pieno il suo dovere, dal momento che è stretto parente di quello della versione da corsa. Realizzato in alluminio e magnesio, ha cilindrata relativamente piccola, 2 litri, ha ben 8 cilindri a V ed è caratterizzato dall’alesaggio (il diametro del pistone) nettamente più grande della corsa: in questo modo vengono favoriti gli alti regimi e, di conseguenza, il sound. A progettarlo, lui, il papà dei motori più amati del Biscione: Giuseppe Busso. Lo sviluppo viene poi portato avanti da altri maestri del mestiere guidati da Carlo Chiti, Autodelta. Insomma: il cuore della 33 (per la strada e per le corse) è il frutto dei migliori ingegneri dell’epoca. Cervelli che il mondo ci invidiava. La potenza? 230 CV a 8.800 giri: roba da VTEC Honda, senza però l’elettronica. Una meraviglia meccanica.

Piccola e velocissima

Le prestazioni della 33 Stradale non fanno impressione in senso assoluto, perché la velocità massima è pari a 260 km/h (raggiunti, pensate, su “ruotine” da 13” di diametro), mentre l’accelerazione da 0 a 100 km/h viene completata in 5,5 secondi. In ogni caso non si è molto lontani da macchine come Ferrari Daytona e Lamborghini Miura, spinte però da motori grossi più del doppio. La rivista specializzata tedesca Auto Motor und Sport cronometra la 33 Stradale nel chilometro con partenza da fermo: 24 secondi. Anche in questo caso siamo vicinissimi al top, grazie a un peso a vuoto di soli 700 kg.

Telaio in acciaio e magnesio

Tanto motore viene valorizzato come si deve da un telaio progettato con l’obiettivo - l’ossessione, verrebbe da dire - del contenimento del pesi e della massima rigidità, che sono da sempre i due punti fermi di ogni vettura, in modo particolare se da corsa. Ecco perché si opta per una struttura tubolare in acciaio e magnesio. Rispetto al modello destinato alle competizioni ci si concedono due “lussi”. Il primo è il passo allungato di 10 cm, per dare un po’ più di spazio nell’abitacolo; il secondo sono le portiere con apertura ad ali di gabbiano: è la prima auto di serie al mondo ad averle. Insomma non si bada a spese e tutto questo contribuisce, insieme alla produzione limitatissima, a far lievitare il prezzo a un livello che oggi definiremmo da hypercar: 9.750.000 lire. Per capirci, la Lamborghini Miura costava 7.700.000 lire. Nel 1967 si tratta di cifre iperboliche. Oggi, il valore di una 33 Stradale è praticamente inestimabile. Un po’ perché ne sono state fatte solo 18 (di cui una è esposta al Museo Alfa Romeo di Arese), un po’ perché nel frattempo attorno alle auto d’epoca si è creata una vera e propria bolla speculativa. Detto questo, qualcuno ha provato a ipotizzare una cifra. Tenetevi forte: oltre 10 milioni di dollari.

Quelle “strane”

C’è anche chi ha avuto il coraggio di mettere mano alla linea meravigliosa della 33 Stradale, di costruire qualcosa di diverso a partire dalla stessa base meccanica. Bertone, per esempio, che su questa base meccanica ha realizzato la Carabo: un oggetto completamente diverso da quello originale, più simile alla Lamborghini Countach (che però nel 1968 non esisteva ancora) che a un’Alfa Romeo. Pininfarina tira fuori dal cilindro la P33 Roadster, la P33 Cuneo e la 33/2 Coupé Speciale. Non poteva non dire la sua Giugiaro: nel 1969 a Torino presenta la Iguana.

Fotogallery: Alfa Romeo 33 Stradale, un capolavoro di tecnologia e design