Conservare il monopolio e mantenere un sistema di evasione fiscale. Ci sarebbero queste due ragioni alla base della protesta dei tassisti. Lo sostiene un’inchiesta del programma TV Le Iene andata in onda ieri sera e oggi, giorno dello sciopero dei taxi, è molto popolare sul web. La protesta di cui parliamo è quella che va avanti da anni e che mette insieme di tutto: le licenze dei taxi, gli NCC, Uber e le altre applicazioni con cui si prenota quello che in gergo tecnico si chiama “trasporto pubblico non di linea”. Ne abbiamo scritto anche noi e a febbraio la protesta si è inasprita perché l’emendamento Lanzillotta-Cociancich al Milleproroghe ha sospeso le norme restrittive sul noleggio con conducente fino al 31 dicembre 2017. In pratica il governo ha rimandato la revisione delle leggi vecchie di circa vent’anni. Di fronte però alle proteste e agli scioperi il Ministero dei Trasporti si è attivato e sta lavorando in questi giorni per un decreto di riordino che dovrebbe chiarire le regole e garantire un’adeguata concorrenza tra taxi, NCC e realtà come Uber, tutto condito dalla moderna tecnologia delle app. Ma se i taxi si lamentano della “concorrenza sleale” di Uber ed NCC, Le Iene sostengono che la realtà è un’altra: c’è tanta evasione fiscale e la tecnologia la metterebbe in luce. Inoltre ci sarebbe un enorme giro d’affari attorno alle licenze e la lobby dei tassisti ha un grande peso elettorale che la politica tiene comunque in conto. Il condizionale è d’obbligo visto che tutti gli intervistati hanno voluto mantenere l’anonimato.


Quanto guadagna “davvero” un tassista


Quanto incassa un tassista? E’ attorno a questa domanda che ruota tutto. Un autista Uber che resta anonimo di fronte alle telecamere de Le Iene dichiara 3.500 - 4.000 euro netti al mese. Cifre simili vengono confermate da più fonti. A chi si è finto interessato a comprare una licenza taxi a Milano il tassista venditore ha dichiarato 250-300 euro al giorno ovvero circa 6mila euro al mese; dice di aver incassato 63mila euro e di averne dichiarati al fisco appena 35mila euro, per non generare sospetti e far partire i controlli. "Per loro - dice senza sapere di essere ripreso dalle telecamere e riferendosi ai finanzieri - devi fare un utile annuo di 16mila euro", altrimenti partono gli accertamenti. Anche un ex tassista, ora autista Uber, conferma le stesse cifre (tra i 6mila e i 9mila euro al mese lordi a cui vanno tolte, oltre alle tasse, le spese, ed ecco quindi i circa 4.000 euro al mese. L’evasione è tanta perché “non c'è obbligo di ricevuta fiscale, non c'è tassametro fiscale, non c'è niente…”, dice l’intervistato. E molti tassisti dichiarerebbero ai clienti di non avere il POS per evitare il pagamento - tracciabile - con bancomat o carta di credito.


Il dietro le quinte dei sindacati


Anche un sindacalista di Milano (anonimo) ha confermato le stesse cifre: 250 euro di incasso lordo al giorno, che per 300 giorni di lavoro all'anno fa arrivare l’importo complessivo a 75mila euro lordi ovvero - tolti 20mila euro di spese (lui stima i costi di gestione dell'auto, come le riparazioni e il carburante, più le tasse) - 55mila euro netti ovvero circa 4.500 euro netti al mese. Il servizio de Le Iene, infatti, si scaglia contro le associazioni sindacali che tengono la contabilità e quindi sarebbero complici di questo meccanismo di evasione perché suggerirebbero la condotta economica da tenere. In pratica, sostiene l’inchiesta, fare parte del sindacato converrebbe perché, essendo composto da tassisti, controllerebbe che il guadagno di ogni componente sia allineato al gruppo e quindi non genererebbe sospetti.


Il “gioco” al rialzo delle licenze tassate


Le licenze sono un altro nodo cruciale da tenere a mente. Distribuite gratuitamente dai comuni con bandi pubblici, vengono rivendute tra tassisti a cifre sempre più alte. Questa compravendita al rialzo, non proprio regolare perché il tassista che non la usa dovrebbe restituirla al Comune, viene comunque vissuta come regolare dalle parti coinvolte perché ci si pagano le tasse sopra. E anche qui i sindacati vengono descritti in termini poco lusinghieri: far parte del sindacato sarebbe fondamentale per ottenere una licenza. I sindacati fanno da garanti quando qualcuno la vende (si parla di un servizio di tesoreria in favore dei soci per quei dieci giorni in cui la domanda al comune è in fase di valutazione). "In sede di domanda incassiamo tutto il denaro dalla transazione - spiega un sindacalista anonimo - e trasferiamo il denaro al cedente a operazione conclusa". In realtà però il passaggio, che non si fa al sindacato, ma agli uffici comunali, consiste solo in una verifica dei requisiti e nel cambio del nome sulla licenza. Dovrebbe essere un passaggio gratuito e invece avviene dietro pagamento, su cui le parti pagano le tasse. E il sindacato prende una quota per il costo del trasferimento (che include la tessera del sindacato per un anno).


App e Radiotaxi, "i panni sporchi che si lavano in casa"


L’ultimo aspetto affrontato da Le Iene riguarda le app e i Radiotaxi, gli strumenti che permettono a domanda e offerta di incontrarsi. Le prime, come ad esempio MyTaxi, costano al tassista una piccola quota per ogni utilizzo, mentre il Radiotaxi funziona in abbonamento e il tassista paga indipendentemente dalla frequenza di utilizzo. Anche qui il quadro è complicato. Radiotaxi starebbe facendo mobbing per non far usare MyTaxi ai tassisti e nel frattempo ci sono varie app legate ai Radiotaxi in italia (come AppTaxi del Radiotaxi4040). E quindi come si sistema questa confusione? “I panni sporchi si lavano in casa”, dice un tassista alle telecamere senza farsi vedere in faccia. Di certo, il meccanismo è contorto e non sarà facile metterci mano.


Qui il video integrale de Le Iene.

Fotogallery: Taxi vs Uber? Per Le Iene dietro c’è l’evasione fiscale [VIDEO]