Le famiglie numerose, si sa, possono essere allegre finché si vuole, ma sono molto impegnative da gestire e mantenere; per non parlare di quando le famiglie sono più d'una. Con il termine famiglie, in ambito automotive, si fa riferimento, per esempio, a più motori che hanno qualcosa in comune. Se questi gruppi di propulsori sono tanti, i costi si moltiplicano e tutto questo a Sergio Marchionne - e a qualsiasi top manager - non piace. Per niente. Non è un caso, del resto, se proprio sotto la guida di Marchionne la Chrysler abbia ridotto da quattro a una le famiglie di motori V6, "giocando" poi con i vari livelli di potenza per soddisfare le diverse esigenze. Lo stesso schema potrebbe riproporsi tra qualche tempo con i motori più piccoli, visto che il Gruppo FCA "mantiene" ben tre famiglie intorno al litro di cilindrata (da 900 a 1.400 cc): in ordine di anzianità Fire, TwinAir e Firefly, con quest'ultima che è nata per ultima e, inizialmente, per il solo mercato brasiliano. Conferme ufficiali da parte di FCA, com'è facile aspettarsi, non ce ne sono, ma la logica suggerisce che proprio i Firefly siano destinati a motorizzare tutta la fascia bassa e media del gruppo italo-americano.


Firefly, ecco perché diventeranno globali


I motivi che fanno pensare al subentro dei Firefly su Fire e TwinAir sono molteplici. Il primo risiede nell'esigenza di ottimizzare i costi di produzione. Il secondo motivo lo si trova nelle tecnologie utilizzate sui Firefly, come basamento in alluminio, camere di combustione ad altissima efficienza e alternatore ''intelligente'', che predilige la ricarica della batteria in fase di frenata: tutte tecnologie che si sposano alla perfezione con le norme anti-inquinamento sempre più stringenti. Infine, se FCA ha pianificato un investimento importante come quello richiesto per la progettazione e industrializzazione di una famiglia di motori, non è certo per utilizzarla solo su alcuni mercati. Ultimo, il valore simbolico di una scelta: lo stabilimento deputato alla produzione dei Firefly (almeno inizialmente, poi non è detto che possano essere coinvolti anche altri impianti) è quello di Betim, in Brasile: proprio questa è una delle "case" storiche del motore Fire. In un certo senso, il "nemico" il Fire ce l'ha in casa, detto comunque che quest'ultimo non esce di produzione. Non ora almeno...


Addio Fire e TwinAir, ma ci vorrà un po' di tempo


Per contro l'abbandono di Fire e TwinAir non è certo facile e non sarà nemmeno veloce. Primo perché installare un motore in un'auto richiede parecchi investimenti: ciò significa che modelli con diversi anni alle spalle - dalla Panda alla Punto, passando per la 500 e la 500L, la Giulietta e la MiTo - arriveranno a fine carriera con i motori attualmente disponibili. Secondo perché sotto lo stesso nome, Fire appunto (che in realtà è un acronimo: Fully Integrated Robotized Engine), c'è una vasta gamma di unità a 4 cilindri che soddisfa le esigenze più diverse: massima economicità su 500 e Panda, spinte dal 1.2 aspirato da 60 CV, sportività sull'Abarth 124 Spider che invece vanta il 1.400 turbo MultiAir da 170 CV. Sostituire il Fire, insomma, non è cosa facile. Per motivi diversi, anche il TwinAir non è facilissimo da accantonare, visto che in mercati come l'Olanda (ma non solo), in cui la tassa di possesso è legata alla CO2 emessa, il bicilindrico è il motore vincente: i dati - dichiarati secondo ciclo NEDC - di consumo e di emissione di anidride carbonica sono molto bassi, grazie proprio alla sua particolare architettura.

Fotogallery: Fiat e i motori Firefly, TwinAir e Fire: ne resterà uno soltanto