C’è chi sostiene che gli anni Novanta fossero anni buoni per le spider, che non si poteva non averne una nel proprio listino. I numeri di mercato confermano questa tesi, ma noi siamo dell’idea che un’auto fatta con la passione, ancor prima che con mezzi economici e tecnici di prim’ordine, trovi sempre il modo per farsi amare. Per farsi ricordare. Per essere un oggetto del desiderio degli appassionati. Ed è proprio questo ciò che accade con la Fiat Barchetta. Una piccola (è lunga solo 3,92 metri) scoperta a due posti secchi che debutta nel 1995 e riesce a entrare nel cuore persino degli inglesi, sì, dei più esigenti al mondo quando si parla di automobili sportive e senza tetto. Di più, la Barchetta li fa innamorare nonostante la Fiat reputi un investimento eccessivo la realizzazione della versione con guida a destra; la stessa cosa accade in Giappone, dove la spider italiana fa strage di cuori seppure abbia il posto guida dalla parte “sbagliata”. In Fiat sperano che la 124 Spider (e Abarth 124 Spider) sappia replicare quanto fatto dalla Barchetta e magari ottenere anche qualche successo in più: grazie al nome (che in Europa e negli USA è fortissimo), ma soprattutto per merito della base meccanica, guarda caso, comune a quella della Mazda MX-5.

 

Una Punto “accorciata”

 

Dicevamo della tecnica: la Barchetta se la deve vedere niente meno che con la Miata, la mitica Mazda MX-5 (che all'epoca non è "alleata" di del Gruppo Fiat, poi FCA). Non solo: in un certo senso deve anche raccogliere l’eredità - pesantissima - dell'Alfa Romeo Duetto, che esce di scena poco prima dell’arrivo sul mercato della Fiat. Le premesse però non sembrano delle migliori, visto che il telaio è quello della Punto: accorciato, irrobustito e modificato pesantemente, ma pur sempre con motore trasversale e trazione anteriore. Nulla a che vedere con MX-5 (e Duetto), che con il suo motore longitudinale e la trazione dietro è sinonimo stesso di piacere di guida. Un gap, questo della trazione, che influenza parecchio la carriera della Barchetta, ma che non ne decreta il “fallimento”, anzi: chi predilige il design alla guida, chi apprezza di più la finezza dei fari anteriori carenati in stile Ferrari F40 e di quelli posteriori tipo Ferrari GTO rispetto al sovrasterzo di potenza trova nella Barchetta la sua scoperta ideale.

 

Gusto italiano. Anzi, italo-greco

 

A regalare alla Barchetta il suo splendido vestito è però una mano straniera, quella del greco Adreas Zapatinas, a cui viene affidato l’incarico dall’allora capo del Centro Stile Fiat, Mario Maioli, e che vince la “gara” interna con Chris Bangle (autore invece, in quel periodo, della Fiat Coupé). L’idea portante dello stile della Barchetta è la linea che dal cofano motore sembra entrare nell’abitacolo; abitacolo dal quale esce un’altra linea, che segue però una traiettoria opposta e che dà l’impressione che i due posti della Barchetta siano “immersi” nella sua carrozzeria. Una sensazione che si ritrova pienamente quando ci si cala al posto di guida, caratterizzato dalla seduta bassa e da un’ergonomica disposizione dei comandi, con la leva vicina al volante, il quale è ben allineato al sedile. Davanti agli occhi del guidatore c’è il contagiri, quadrante centrale di una strumentazione analogica dal gusto retrò e composta da altri due elementi circolari: a sinistra si trova il tachimetro, a destra indicatori vari (benzina, temperatura, etc.). Un altro omaggio alle spider vintage è la lamiera a vista sui pannelli porta, che insieme alle maniglie delle portiere "a scomparsa" dà un tocco di classico molto equilibrato.

 

La “Marinara” meglio della “Diavola”

 

La già citata sfida interna tra Zapatinas e Bangle assume contorni gastronomici: per contraddistinguere i bozzetti dei due designer, in Fiat pensano bene di utilizzare il nome di due pizze famose: marinara e diavola, appunto. La prima, firmata da Zapatinas, avrà poi la meglio e frutterà al greco, tra le altre cose, il titolo di Socio Onorario del Fiat Barchetta Club Italia. Diavola, invece, non è altro che una riproposizione della Fiat Coupé, ma senza il tetto: nei bozzetti di Bangle si vedono infatti gli stessi fregi sopra i passaruota e il taglio della coda e il medesimo cofano motore che avvolge praticamente tutto il muso.

 

Un solo motore, una discreta agilità

 

A spingere la Fiat Barchetta, dal 1995 al 2005, è sempre lo stesso 1.800 quattro cilindri aspirato, alimentato a benzina e dotato di variatore di fase lato aspirazione. Capace di 130 CV, spinge la due posti italiana fino a 201 km/h e, da 0 a 100 km/h, in 8,9 secondi. In realtà, in Fiat mettono mano due volte al propulsore della Barchetta, anche se non ne danno mai troppo conto: la prima volta viene modificata l’aspirazione, mentre la seconda viene aggiunto un catalizzatore sui collettori per adeguare le emissioni inquinanti alle nuove normative. Quanto alla guida, la Barchetta non può certo offrire lo stesso feeling della Mazda MX-5, ma il carattere non le manca di certo: tra passo corto e sterzo rapido (almeno per i canoni di oltre 20 anni fa), prima di alleggerire il gas in curva è bene fare una bella pensata, perché il rischio di mettersi di traverso è molto concreto.

Fotogallery: Fiat Barchetta, un successo oltre le aspettative