Un po’ più A4 nello stile, nella tecnologia, ma senza aggiungere un centimetro, anzi togliendo un cilindro. Dopo 4 anni l’Audi A3 di terza generazione gira la boa con una serie di rinnovamenti che la avvicinano alla sorella maggiore portando ulteriore linfa ad un modello che nel 2012 ha avviato la cascata di modelli basati sulla piattaforma MQB del gruppo Volkswagen, storicamente vale il 20% delle vendite del marchio e, dal primo debutto nel 1996, è stata sfornata in quasi 4 milioni, 290.000 delle quali arrivate in Italia.


Obblighi di famiglia


Le Audi si evolvono lentamente nello stile, ma se devo vedere qualcosa di nuovo negli ultimi modelli è nella presenza di qualche spigolo in più e in linee più orizzontali. E la A3 mi sembra che si allinei, da brava bambina, e che il riassunto di questa evoluzione si veda nella calandra single frame, più ampia e squadrata. Nuovi anche i gruppi ottici, con gli indicatori dinamici, le luci posteriori a Led e quelli anteriori con la nuova firma e disponibili anche a matrice di Led. La mia opinione? Forse si è esagerato con qualche tratto e con la squadra volendo sottolineare certe differenze con il passato e certe analogie con il presente. Poco da dire anche per l’abitacolo: semplice, rigoroso, ricco, ma mai ridondante. Senza contare la qualità costruttiva che dà un bella pista alla concorrenza. Per me è il migliore della categoria e il Virtual Cockpit, la navigazione Google, l’MMI con sim integrata, il mirroring per Android e iOS e la ricarica ad induzione sono ulteriori valori aggiunti non solo per la loro presenza, ma anche per come sono realizzati. Per non parlare del sistema audio Bang & Olufsen, una delizia per le mie orecchie.


Portellone sì o portellone no?


Un’altra delle cose che mi piacciono della A3 è il modo di porsi. BMW e Mercedes in questa fascia propongono nomi e numeri diversi per quelle che sono – in definitiva – varianti di carrozzeria della stessa vettura. L’Audi mi sembra più sincera: 3 porte, 5 porte Sportback, cabriolet e 4 porte fanno parte tutte chiaramente della stessa famiglia. La Sportback è ovviamente la più gettonata ed anche quella più pratica, grazie anche al bagagliaio da 380-1.100 litri, che non sono un’enormità se si guardano modelli non premium, ma che sono il valore migliore tra le concorrenti “nobili”. In più sono anche i più sfruttabili, sia per la forma del vano e per l’accessibilità, sia perché ora c’è il divano 40/20/40 che ne migliora ulteriormente la modulabilità. Se però dovessi seguire il cuore, quella che mi piace di più è la berlina: raramente mi è capitato di vedere un’auto a tre volumi dotata di tale equilibrio, eleganza e sportività. Lo so, è una scelta controcorrente, ma visto che si tratta di un’auto che si compra con motivazioni particolari, io la A3 la prenderei così.


L’imbarazzo della scelta


Per provare la A3, l’Audi ce l’ha messa a disposizione in tutte le carrozzerie e i motori, su percorsi brevi e poco trafficati, a qualche decina di km da Monaco di Baviera. Un bel buffet del quale ho approfittato a piene mani cominciando dalla scelta più “logica”: la Sportback con l’1.6 TDI da 110 CV che rappresenta oltre il 50% delle vendite. È un motore elastico, ma non silenzioso e in giro c’è chi offre più cavalli, brillantezza e qualità di funzionamento spendendo assai di meno, ma il cambio S tronic a 7 rapporti gli sta a pennello. Il 2 litri da 150 CV ne ha parecchio di più e, se devo dar retta al computer di bordo, i consumi sono praticamente identici (5,3-5,5 litri/100 km). Passo poi alla scelta meno “logica”, come il 2 litri a benzina da 190 CV che, a basso carico funziona a ciclo Miller, e devo dire che mi piace molto il suo carattere double face: acqua cheta e gomito basso quando scelgo la tranquillità e grinta sorprendente da vendere quando schiaccio il piede destro. Peccato che – almeno per ora – non sia a listino per l’Italia, perché io lo preferirei all’1.4 da 150 CV.


Ora chiamatela “A3 cilindri”


Lasciando da parte la S3 della quale parlerò a parte, ho dovuto invece fare la fila per provare la vera novità: il 3 cilindri mille da 115 CV. E la mia attesa non è andata delusa perché – e questa è la prima sorpresa – la A3 offre il comfort acustico migliore proprio con il motore più piccolo e meno frazionato, anche perché preferisce girare ai regimi medio-bassi. Non ha la grinta del Ford né la naturalezza del GM, ma è pieno di coppia (200 Nm tra 2.000 e 3.500 giri/min) e mi accorgo che ha i cilindri dispari solo se lo forzo, ma è talmente conveniente da usare con un filo di acceleratore e l’automatico (a 7 marce) che dopo pochi chilometri il mio piede destro si autoprogramma per la leggerezza e la dolcezza. E il computer di bordo mi premia: siamo intorno a 6 litri/100 km. Niente da dire infine sul comportamento stradale. La A3 avrà pure qualche spigolo in più fuori, ma il carattere rimane sempre il solito: arrotondato, levigato fino a rasentare un equilibrio che è quello che ci vuole per andare veloci e comodi in piena sicurezza, con le ruote sempre ben piantate a terra e uno sterzo che parla sempre la mia lingua.


Dà di più e chiede di meno


Il listino parte da 27.800 euro per la Sportback 1.6 TDI nei 3 allestimenti Business, Sport e Design (qui tutti i prezzi) che sono solo il punto di partenza prima di scegliere la carrozzeria, se la si vuole manuale o automatica, a trazione anteriore o integrale e infine scatenarsi tra le opzioni proposte lungo le 34 pagine di listino scritte in corpo 8 e non certo per fregare il cliente, ma per problemi di abbondanza. La dimostrazione è che, a sorpresa, con una dotazione superiore, il prezzo è sceso e con l’arrivo del 3 cilindri in autunno la soglia di accesso scenderà ulteriormente.



Audi A3 Sportback 2016 | Prova su strada




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