Anticipiamo la battuta che a molti sarà venuta spontanea dopo aver letto il titolo: "Per fortuna". Ok, ci sta, la Stilo non è mai entrata nel cuore degli italiani, tanto meno degli stranieri. In Fiat ci hanno provato anche con una versione Schumacher; l'hanno dotata di un "motorone" 2.4 a benzina a cinque cilindri e, per arricchirne la gamma hanno speso parecchio, differenziando nettamente la carrozzeria a tre porte da quella a 5, oltre ovviamente alle specificità della variante station wagon, denominata Multiwagon. Niente da fare, in Italia è andata abbastanza bene per qualche anno, all'estero praticamente mai. Un po' meglio è andata alla sua erede Bravo II del 2008 (la prima è del 1995) e alla "cugina" Lancia Delta, costruite sullo stesso pianale. Proprio qui sta il punto: al di là dei modelli a cui ha poi dato i "natali", il pensionamento del pianale C2 segna la fine di un'epoca per la Fiat. Un'era molto più "nazionale", alla quale si contrappone quella globale portata da Marchionne. Se fino a Stilo/Bravo/Delta si contava (troppo) sul mercato domestico, ora gli investimenti vengono pianificati in ottica globale.


Da Bravo a Bravo, passando per Stilo


Come si può intuire dalla cifra "2", la base della Stilo è un 'evoluzione, per quanto profonda, del pianale C portato al debutto nel 1995 dalla prima generazione di Fiat Bravo e dalla "sorella" Brava (la versione a 5 porte e due volumi e mezzo). Concepito per essere molto flessibile - in altri termini per poter "stirato" nel passo a beneficio di modelli di lunghezza anche sensibilmente diversa - ed economico, ha un'architettura molto semplice. Le sospensioni sono a schema McPherson all'avantreno, mentre il retotreno conta sulle classiche ruote interconnesse, che hanno il pregio di essere poco ingombranti e di costare pochissimo, in termini produttivi. Da C a C2, questa piattaforma è stata anche sensibilmente irrobustita, per rispondere ai più severi standard dei crash test EuroNCAP. Insomma, le differenze sono tante e non risparmiano quasi nulla, ma con un po' di "flessibilità mentale" si può dire che la stessa base copre circa 20 anni: dalla nascita della Bravo del 1995 alla fine della Bravo stessa e della Lancia Delta. Passando per la Stilo, appunto.


Tu vuò fa' l'americano


Al di là delle opinioni e dei fatti incontrovertibili legati a Stilo, Bravo (II) e Delta, una cosa è certa: in America non ci sarebbero mai potute andare, visto che non avevano i requisiti per superare le prove di impatto statunitensi. Non che fossero auto poco sicure e le 4 stelle nei crash test EuroNCAP della Stilo, e ancor più le 5 della Bravo, lo dimostrano: solo, visto che angoli, forze e velocità di impatto sono differenti, gli ingegneri non possono non tenerne conto in fase di progettazione. In questo dettaglio si nasconde in realtà una differenza epocale tra la Fiat di quindici anni fa e quella degli ultimi anni: lo sbocco dei suoi prodotti. A questo proposito, il cambio di denominazione da Gruppo Fiat a Fiat Chrysler Automobiles è ben più che una semplice operazione di facciata.


Da pochi modelli per l'Europa a intere famiglie per il mondo


Senza stare ad annoiarvi sull'albero genealogico di ogni modello del Gruppo guidato da Sergio Marchionne, c'è un fatto evidente: il pianale su cui nascono le Fiat da qualche anno a questa parte sono pensati espressamente anche per il mercato USA, oltre che per poter essere allungati, allargati e adattati alla trazione integrale. Perché americana è la seconda casa, anche se sarebbe meglio dire la prima, del Gruppo FCA in virtù della già citata fusione con Chrysler (il tutto, ovviamente, al netto del fatto che la società sia di diritto olandese e il domicilio fiscale si trovi nel Regno Unito). Per questo motivo, ogni prodotto a marchio Fiat, Alfa Romeo, Dodge, Jeep o Chrysler che si voglia deve obbligatoriamente poter essere venduto al di qua e al di là dell'Oceano. Se prima un pianale giustificava la propria esistenza con qualche modello venduto solamente nel Vecchio Continente, oggi deve soddisfare requisiti ben più ampi.

Fotogallery: Fiat Stilo e Bravo, fine di un'era