Erano gli anni Ottanta, erano gli anni del nuovo boom economico italiano, e i ricchi emergenti bramavano qualcosa di nuovo, esclusivo, appagante e veloce, terribilmente veloce, come mai s'era visto sulle strade. Era la Testarossa. Era la nuova Ferrari.

Un nome, Testarossa, che evoca un glorioso passato, a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta, costellato da leggendarie vittorie sulle piste di tutto il mondo. La protagonista di quella epopea si chiamava 250 Testa Rossa, scritto così, con due parole separate. La leggenda narra che l'idea di verniciare i coperchi delle testate del motore venne ad un meccanico Ferrari al quale avanzava un po' di vernice rossa. Da allora, la leggenda è diventata realtà e poi mito. Anche questa nuova auto, destinata alla strada, ha quei coperchi dipinti di rosso, ma il suo nome è scritto in una unica parola. Adottando questa impegnativa denominazione, la Ferrari ha da un lato creato un indissolubile legame con i mitici anni Cinquanta e Sessanta, dall'altro ha invece dato un taglio con il passato, dal momento che per la prima volta un modello di grosso calibro della sua gamma non portava alcuna sigla bensì un nome proprio, inaugurando di fatto una nuova era di supercar.

La Testarossa viene presentata al Salone di Parigi del 1984, con il non facile compito di sostituire la BB (Berlinetta Boxer), una delle prime supercar con motore centrale posteriore, in produzione dal 1973 nelle varie versioni 365 GTB/4, 512 BB e 512 BBi. L'anello di congiunzione fra BB e Testarossa è senza dubbio il propulsore a 12 cilindri «quattrovalvole»: forte di una tradizione vincente iniziata nel 1964 nel mondo delle competizioni, ha una architettura a cilindri contrapposti per una cilindrata di 5 litri, ed è capace di ben 390 CV a 6800 giri/min. Intorno al propulsore e alla particolare disposizione della meccanica, Pininfarina scolpisce quella linea sensazionale, innovativa, aggressiva, oltrechè appariscente, che passerà alla storia dell'automobile. Infatti, la mutata collocazione dei radiatori per il raffreddamento del motore - non più frontali come sulla BB ma posizionati ai lati dell'abitacolo, subito davanti le ruote posteriori, come in Formula 1... - e la peculiare architettura del propulsore condiziona profondamente il design e genera quello che, probabilmente, è il tratto stilistico più distintivo della Testarossa: la fiancata. Pininfarina, anziché tentare di ridurre e nascondere i grandi condotti laterali che convogliano il flusso d'aria verso i radiatori posteriori, ha preferito evidenziarli con delle sottili e lunghe lamelle che nascono già sulle portiere per allargarsi man mano che si avvicinano alle bocche di raffreddamento, formando due larghissimi parafanghi. Come si suol dire, ha fatto di necessità virtù...
Ma la linea della fiancata non è solo un esercizio stilistico, è funzionale alla dinamica del veicolo, avendo un profilo alare deportante studiato in galleria del vento necessario a garantire un corretta aderenza al suolo a velocità prossime ai 300 km/h, più che a ridurre la resistenza all'avanzamento (il Cx di 0,36 è buono ma non eccezionale).
Così, vista dall'alto, la Testarossa assume un andamento a delta, con la carreggiata posteriore molto più larga di quella anteriore. Vederla passare per strada lascia a bocca aperta: bassa e con la coda larga, larghissima, tanto da far pensare che in una strettoia se passa il davanti, non è detto che passi anche il dietro...
Il tema della griglia è ripreso nella coda - imponente con i suoi quasi due metri di larghezza - con delle scanalature nere estese per tutta la sua estensione con la funzione di coprire e proteggere gli inediti gruppi ottici posteriori, per la prima volta a sviluppo orizzontale in luogo dei più classici a forma circolare, e dare sfogo all'aria calda del motore, nonchè in una zona più stretta sotto il paraurti, tra le due coppie di terminali di scarico. Gli unici richiami alla Berlinetta Boxer sono al di sopra della linea di cintura: la linea del tetto, il taglio dei finestrini e le due pinne laterali con un effetto stabilizzante alle alte velocità.

Il frontale è senz'altro più tradizionale. Il notevole sbalzo anteriore è in netto contrasto con la coda tronca, e la tipica calandra Ferrari, praticamente finta in virtù dello spostamento dei radiatori, serve solo per il raffreddamento dei freni anteriori e per il condizionatore d'aria. I fari sono a scomparsa con doppio proiettore, soluzione molto di moda all'epoca. In origine la Testarossa aveva l'unico specchietto retrovisore molto sporgente e posto curiosamente a metà del montante del parabrezza, per tentare di migliorare la scarsissima visibilità posteriore, ostacolata dalla massiccia coda; tale collocazione non era, in effetti, particolarmente elegante, per cui ben presto si passò ad una soluzione più tradizionale, con due specchietti alla base dei montanti. Tipicamente Ferrari il disegno dei cerchi in lega: una stella a cinque razze. Sui primi esemplari le ruote erano fissate ai mozzi con un dado centrale dall'aspetto corsaiolo (una rivisitazione del classico gallettone), poi si passò ad un più tradizionale fissaggio con cinque bulloni.

Sarà ovvio, ma il cuore di ogni Ferrari è il motore. Paradossalmente, quello montato sulla Testarossa può sembrare "vecchio" dal momento che deriva direttamente da quello della progenitrice BB, a sua volta discendente dai propulsori che equipaggiavano le Rosse da competizione degli anni Sessanta e Settanta. In realtà, il motore della Testarossa è frutto della più avanzata tecnologia e forse, pensiamo noi, la sua originale architettura non fa altro che enfatizzare l'unicità di questa vettura...
L'evoluzione più importante rispetto al propulsore della BB è l'adozione delle 4 valvole per cilindro, comandate da quattro alberi a camme, due per bancata. Una soluzione tecnica che oltre a garantire un sensibile aumento di potenza, permetteva di rispettare le severe normative anti-inquinamento previste negli Stati Uniti, il principale mercato della Ferrari, che tanto avevano reso difficile la commercializzazione della BB.
Questo propulsore di 4942 cc. è spesso definito erroneamente boxer, ma in realtà è un motore con una V di 180° (da cui il giusto appellativo di piatto): una sottile differenza non trascurabile. Infatti, il termine boxer indica un motore in cui ogni manovella dell'albero a gomiti supporta una sola biella; sul 12 cilindri Ferrari, invece, le bielle in opposizione diretta lavorano sullo stesso perno di manovella dell'albero motore.
I 12 cilindri sono ospitati in un monoblocco di lega leggera sotto il quale vi è una seconda fusione per la coppa dell'olio e il carter della trasmissione. Un motore così grande posto in posizione centrale longitudinale pone dei problemi d'ingombro, dal momento che adottando la convenzionale disposizione con il cambio allineato si avrebbe un gruppo moto-propulsore troppo lungo. Ma un motore piatto, in virtù del suo baricentro basso, si presta ad essere collocato più in alto di un motore a V: sulla Testarossa, riprendendo lo schema già adottato sulla BB, la trasmissione è così collocata sotto il motore, con la scatola del cambio davanti all'assale posteriore e il gruppo frizione-volano dietro, senza che il complessivo diventi troppo alto e quindi penalizzante per la guida. In questo modo si razionalizza la disposizione dei condotti di aspirazione e scarico: i primi sopra il motore, i secondi al di sotto. Le due testate, in lega leggera, hanno due alberi a camme ciascuna azionati da speciali cinghie dentate che comandano, tramite bicchierini, le 48 valvole. I pistoni scorrono in camicie di lega e non a contatto con il monoblocco. L'impianto di alimentazione è a iniezione meccanica Bosch K-Jetronic con un gruppo per bancata. Ogni cilindro ha un condotto di immissione dedicato, e tutti convergono in due volumi posti sopra il motore. Il risultato è un motore 20 kg più leggero di quella della vecchia BB e capace di una potenza 390 CV a 6800 giri/min e di una coppia di 490 Nm a 4500 giri/min. Il cambio è a cinque rapporti sincronizzati e il differenziale è del tipo autobloccante a lamelle.
La Casa dichiarava un tempo di 5,8 s. per accelerare da 0 a 100 km/h, 24,1 s. per coprire i 1000 m. e una velocità massima di 290 km/h.

Il telaio è un classico Ferrari: un traliccio di tubi a sezione tonda e quadra con la parte posteriore, che sostiene motore e sospensioni, che può essere smontata per rendere più agevoli gli interventi alla meccanica. La carrozzeria è tutta in lega leggera, tranne le porte e il tetto che sono in acciaio, e l'assemblaggio è affidato alle officine di Pininfarina. Le sospensioni derivano dalle corse: sia quelle anteriori che quelle posteriori sono a quadrilateri deformabili trasversali. A causa del maggior peso gravante sull'assale posteriore, la Testarossa adotta al retrotreno una originale soluzione con doppi ammortizzatori e molle per ogni ruota. I freni sono a dischi autoventilanti da 309 mm di diametro su tutte le ruote, con pinze fisse a quattro pistoncini, privi del sistema antibloccaggio ABS. I pneumatici, montati su cerchi da 16'', misurano 225/50 davanti e 255/50 dietro.

Nell'abitacolo si fondono sportività e quel lusso tutto italiano fatto da materiali pregiati e lavorazioni artigianali. I sedili, completamente regolabili, sono molto sportivi grazie alle imbottiture laterali contenitive, ma anche eleganti, di pelle Connolly di prima scelta e disponibile in varie tinte. Il volante, regolabile in altezza, è un Momo a tre razze rivestito in pelle, così come tutta la plancia. La posizione di guida è quasi da monoposto: si guida a un palmo da terra e molto distesi. Il cruscotto, dalla forma semplice e squadrata, presenta una strumentazione analogica, con due grandi e visibili elementi circolari per contagiri e tachimetro, al cui interno vi sono due indicatori più piccoli per la temperatura dell'acqua e la pressione dell'olio, mentre gli altri indicatori secondari, più una nutrita serie di pulsanti e levette, sono collocati sul tunnel centrale. Non può mancare il classico selettore a griglia cromata per l'innesto delle marce con pomello sferico. Per sfruttare al meglio il piccolo bagagliaio anteriore di 150 l, era fornito come optional un set di valigie in pelle realizzate su misura; oggetti poco ingombranti potevano comunque essere sistemati dietro i sedili. E' presente un moderno impianto di climatizzazione, con l'arduo compito di mitigare il calore prodotto dal poderoso motore centrale e dai radiatori laterali.

Un anno dopo la presentazione, l'opera d'arte diventerà un capolavoro. La geniale mano di Pininfarina darà vita a uno degli spider più belli della storia della Ferrari. Nasce la Testarossa Spider, costruita su richiesta in soli cinque esemplari, di cui uno, si dice, per l'Avvocato. Priva del tetto, è ancora più equilibrata ed elegante. Il cofano motore ha un nuovo disegno, non presenta più la gibbosità del modello originale, ma è liscio e solcato da molte sottili feritoie per lo sfogo dell'aria calda. Esso si raccorda senza soluzione di continuità con il coperchio del vano in cui è riposta la capote, e discende dolcemente verso il posteriore, seguendo il profilo alare dei fianchi: il risultato è una linea estremamente pulita e filante.

La Testarossa incontrerà un grandissimo successo commerciale, con oltre 7.000 esemplari prodotti fino al 1992, divenendo ben presto uno degli status-symbol più ambiti da facoltosi imprenditori, sovrani, artisti e sportivi, e diventerà anche una star della TV, comparendo nella popolarissima serie "Miami Vice", dove, guidata da impavidi detective, sfrecciava con una candida livrea bianca per le strade della Florida.



512 TR

Il tempo passa inesorabile per tutti, anche se sei un mito. La concorrenza, nel dorato mondo delle supercar, si stava facendo sempre più dura (la temibile Lamborghini Diablo era sul mercato dal '90), e la Ferrari decise che la Testarossa aveva bisogno di una erede. Al salone di Los Angeles del 1992, viene presentata la 512 TR: si ritorna ad utilizzare le sigle per il nome, dove il numero sintetizza la cilindrata di 5 litri e i 12 cilindri, mentre le lettere TR non sono altro che le iniziali di Testarossa, un gentile omaggio alla mitica "mamma".
Esteticamente le differenze sono minime, concentrate sul frontale che si rifà a quello della piccola 348: la calandra, con al centro lo stemma del Cavallino, ha forma trapezoidale con listelli cromati anziché neri, il cui taglio è ripreso dai gruppi ottici inferiori; lo spoiler inferiore, in tinta con la carrozzeria, ora ospita due prese d'aria maggiorate, in luogo di quella singola, per il raffreddamento dei freni e per il climatizzatore, ed è bordato da una sottile appendice aerodinamica in materiale composito nero. Al posteriore, il cofano motore ha una nuova griglia per l'estrazione dell'aria calda, mentre scompaiono quelle sulla sommità delle pinne laterali. Le ruote sono al passo con i tempi: grandi cerchi da 18'' con disegno stellare più snello e "arioso", che ospitano pneumatici 235/40 all'anteriore e 295/35 al posteriore. Nel complesso, la nuova 512 TR appare più moderna, morbida e, se possibile, più aggressiva.

Le novità più importanti sono sotto la carrozzeria. Uguale nelle quote fondamentali, il motore è completamente rivisto: nuove canne cilindro in alluminio e Nikasil, pistoni più leggeri, teste ridisegnate, camme dal profilo più spinto che comandano valvole più grandi, nuovi collettori di aspirazione e scarico. L'alimentazione si avvale di una centralina Bosch Motronic M2.7 con iniezione e accensione integrate. Il motore, con il rapporto di compressione salito a 10:1 contro i precedenti 9.2:1, ora eroga 428 CV a 6750 giri/min e 491 Nm a 5500 giri/min. Così, la nuova 512 TR schizza da 0 a 100 km/h in 4,8 secondi copre i 1000 m. in 22,9 secondi e raggiunge in 314 km/h di velocità massima.

Per domare tanta esuberanza, è stato rivisto tutto l'autotelaio. Resta il classico telaio a traliccio, con tubi in acciaio speciale e pannelli di rinforzo, ma la porzione che sorregge il gruppo motore-cambio-sospensioni non è più smontabile ma è saldata alla struttura centrale. Queste migliorie consentono un aumento del 12,5% della rigidezza torsionale e del 25% di quella flessionale, a fronte di un alleggerimento di circa 20 kg. Le sospensioni, sempre a quadrilateri, cambiano a livello di geometria e sono in alluminio, così come gli ammortizzatori, dotati di molle più dure e leggere. L'impianto frenante è decisamente più potente, grazie a freni anteriori da 315 mm e posteriori da 310 mm, morsi da pinze in alluminio a quattro pistoncini. Il cambio è sempre un 5 marce con differenziale autobloccante al 40% e con frizione rinforzata.

Gli interni sono stati rivisti a vantaggio di una maggiore abitabilità: il tunnel centrale viene eliminato, e i sedili sono abbassati per aumentare lo spazio in altezza. Il cruscotto ha un profilo più arrotondato mentre gli strumenti hanno una nuova grafica più leggibile.

F 512 M

La 512 TR avrà vita breve, dopo neanche tre anni viene sostituita da quella che sarà l'ultima evoluzione della Testarossa: la F 512 M. Presentata al Salone di Parigi del 1994, è, a giudizio di molti, l'interpretazione meno riuscita dal punto di vista estetico del lavoro originale di Pininfarina. I legami con il più recente corso Ferrari, inaugurato pochi mesi prima dalla piccola F 355, sono evidenti nella nuova denominazione - la «F» davanti alla sigla con l'aggiunta della «M» per «modificata» - e nel design del frontale e della coda. Davanti, l'intervento di maggior rilievo riguarda l'eliminazione dei fari a scomparsa, sostituiti da gruppi ottici poliellissoidali fissi, una tecnologia più moderna, leggera e semplice che permette una migliore integrazione con superfici molto inclinate e una maggiore efficienza. Ciò ha comportato un nuovo disegno per il cofano, che ha ora una linea più morbida e pulita e ospita due vistose prese d'aria di tipo NACA per l'impianto di condizionamento. Il paraurti è ridisegnato traendo ispirazione dalla F 355: la grande calandra ha una forma ovale con lo stemma del Cavallino al centro, e sono stati integrate due coppie di proiettori supplementari e due prese d'aria aggiuntive per il raffreddamento dei freni.
Al posteriore viene adottata una nuova fanaleria con due gruppi ottici a doppia gemma, da sempre un classico della produzione Ferrari, all'interno dei quali si estende ciò che resta dell'originale grigliatura orizzontale.
La vista laterale è sempre dominata dalle caratteristiche fiancate, ma spiccano i nuovi cerchi in lega in alluminio componibili, dove il classico disegno a cinque razze è reso più aggressivo da un andamento ad elica che ha anche lo scopo di favorire la ventilazione dei freni: per non alterare questa funzione, il disegno delle ruote è speculare, per cui non è possibile intercambiare quelle di un lato con l'altro.
Nel complesso, la nuova F 512 M dà una impressione di vettura molto aggressiva e "cattiva", perdendo però parte del fascino e dell'eleganza che contraddistingueva l'originale Testarossa.

Dal punto di vista meccanico, la «M» del nome ha ben ragione d'essere: infatti, molte sono le modifiche a cui sono stati sottoposti sia il motore che il telaio. L'ultima evoluzione del 12 cilindri è capace ora di 440 CV a 6750 giri/min e 500 Nm a 5500 giri/min grazie al rapporto di compressione salito a 10.4;1, all'ottimizzazione delle caratteristiche termodinamiche e cinematiche, alle nuove bielle in titanio e alle molle valvola a passo variabile.
Tutto il telaio è stato rivisto nell'ottica di un alleggerimento complessivo. Per un migliore comportamento stradale, sono state alleggerite le masse non sospese grazie all'adozione di dischi freno forati e all'uso dell'alluminio per gli ammortizzatori, le pinze dei freni e i fusi a snodo. Anche gli interni sono messi a «dieta»: la pedaliera è in alluminio e sono disponibili come optional i sedili in materiale composito più leggeri di 15 kg rispetto a quelli standard. Compare, per la prima volta su una Testarossa, anche l'ABS, comunque disinseribile. Rispetto alla precedente 512 TR il peso scende di 20 kg, permettendo alla F 512 M di accelerare da 0 a 100 km/h in 4,7 secondi, coprire i 1000 m in 22,7 secondi. e raggiungere i 315 km/h.

Nel 1996, dopo quasi diecimila esemplari prodotti complessivamente, l'epopea della Testarossa volge al tramonto. Con essa, Ferrari chiude un'epoca, fatta di supercar «nude e pure», che ti permettevano di sentire la strada attraverso il volante, che andavano fortissimo, ma che bisognava saper portare al limite con tanta sensibilità, perizia e muscoli. Auto prive di ausili alla guida come i sistemi per il controllo della frenata, della trazione, dell'assetto, il servosterzo, il cambio elettroattuato (ma quando mai! una bella leva da spingere con decisione nei settori, una frizione pesante, e mai dimenticarsi di fare la doppietta!), e dannatamente scomode. Ci lascia anche il vecchio boxer (ma sì, chiamiamolo così), dopo una storia trentennale, ma ancora bello e forte: il futuro, per Ferrari, saranno i 12 cilindri a V di 65°.

Con la sua erede, la 550 Maranello, la Ferrari volta decisamente pagina: addio al motore posteriore riservato, d'ora in avanti, a parte le piccole 8 cilindri, solo ai modelli estremi, inarrivabili e di derivazione F1, come la F50 e la Enzo. La nuova regina sposta il propulsore laddove piaceva al Drake, davanti all'abitacolo. E quest'ultimo si fa più confortevole riempiendosi d'elettronica. Sarà sicuramente molto più veloce, permetterà di fare il tempo in pista anche in giacca e cravatta, ma difficilmente potrà regalere le stesse sensazioni, emozioni e scariche di adrenalina della vecchia Testarossa.

Ciao, mitica Testarossa, ti ricorderemo con nostalgia.


[Download: scheda tecnica comparativa]

Fotogallery: La Ferrari Testarossa e le sue evoluzioni