Da tempo si pensa a come sarebbe l'erede della mostruosa 911 GT1 (6 cilindri boxer, 2 turbo, 3.2 litri, circa 550 CV, oltre 1,5 miliardi di Lire il suo prezzo da nuova) o della conturbante Carrera GT (poco più di 1.200 esemplari costruiti, 480.000 euro "chiavi in mano", 10 cilindri, 5,7 litri, 612 CV, cambio meccanico-manuale, etc.). E ci fu anche chi pensò, in uno slancio di follia mista a irrefrenabile passione Porsche, che si potesse ammettere il suo ritorno attraverso la stessa operazione nostalgica che a suo tempo portò alla Ford GT, erede della gloriosa GT40 di metà anni '60.
Protagonista è la Porsche 917, certamente la più bella Porsche da corsa della storia, vincitrice, solo per citare la gara più blasonata, della 24 Ore di Le Mans del '71. Ha solcato le piste in configurazione corta ("917 K"), lunga e nella "atomica" versione CanAm con motore V12 biturbo da 1.000 CV, ha vestito i panni della star nel film "Le Mans" pilotata da Steve McQueen. Oggi è regina dei musei, regina delle gare storiche, regina delle aste... Ma forse non tutti sanno, però, che è riuscita a recitare il ruolo più improbabile che avrebbe mai potuto caratterizzarla: quello di auto stradale.

DALLA PISTA ALLA STRADA

Correva l'anno 1975. Al reparto corse di Weissach un giorno giunse l'apperentemente bislacca telefonata di un signore seriamente intenzionato ad acquistare una 917 (telaio 030, l'ultimo) e trasformarla per uso stradale. L'auto in questione aveva corso una sola volta, alla "1000 Chilometri di Zeltweg" del 27 luglio 1971, guidata da Helmuth Marko e Gerard Larousse, ma a causa dello scoppio di una gomma era stata costretta al ritiro. Riportata in fabbrica era quindi diventata una vettura laboratorio, utilizzata per alcuni collaudi riguardanti l'ABS. Quindi venne definitivamente messa in pensione in un capannone.
L'esistenza di questa macchina aveva stuzzicato la passione del Conte Gregorio Rossi di Montelera, famoso imprenditore piemontese, titolare della "Martini & Rossi", sponsor Porsche, grande amante d'auto sportive particolari e desideroso di guidare su strada una bestia da 620 CV (12 cilindri boxer con ventola posta in posizione orizzontale al centro, raffreddamento ad aria, 4.999 cc). Per capire di che macchina si tratti, basti ricordare che era in grado di scattare da 0 a 320 km/ in 13 secondi...

WAISSACH-PARIGI

A Weissach accolsero la richiesta: venne aggiunto un silenziatore all'impianto di scarico, due specchi retrovisori, vernice rigorosamente Argento (colore ufficiale delle auto da corsa tedesche), la targa di prima immatricolazione e, ovviamente, come si conviene a un'azienda seria come Porsche, un libretto "Uso e Manutenzione" con, nelle ultime due pagine, la storia del telaio numero 30. Con tutta la buona volontà, Porsche non riuscì tuttavia a concludere con profitto la fiche d'omologazione e il suo proprietario si vide costretto ad omologarla con targa americana, anche se poi le sue nobili ruote calpestarono il suolo europeo. Il 28 aprile 1975, alle 4 del pomeriggio, il conte Rossi e il suo segretario personale uscirono dai cancelli del Centro Ricerca e Sviluppo a bordo della più colossale fuoriserie (originale) della storia. Presa la direzione di Parigi, la 917 stradale arrivò nella notte nella capitale francese senza alcun intoppo, a parte, se così si può dire, una sosta alla dogana franco-tedesca: i doganieri non riuscirono a credere ai loro occhi quando si presentò alla sbarra la più colossale delle Porsche da corsa mai prodotte, regolarmente immatricolata con una targa cittadina.

Il giorno seguente, il Conte Rossi si premurò di telefonare a Weissach per confortare lo staff di Weissach: il viaggio era stato perfetto. Il consumo? In media oltre 30 litri di benzina ogni 100 chilometri.

Fotogallery: Il "mostro" della Porsche vestì abiti civili